È proprio così: dopo aver letto fiumi di parole sulla minore capacità dell’agricoltura biologica di far fronte al fabbisogno alimentare globale, ecco che uno studio autorevole e completo riaccende la luce sulla validità del metodo biologico in agricoltura. L’unico in grado di contrastare in modo concreto inquinamento e cambiamenti climatici, e con gli accorgimenti giusti - spiegano i ricercatori – presto anche in grado di sfamare l’Europa.
Uno studio del National center for scientific research (realizzato con i ricercatori dell’universidad Politécnica de Madrid, la Chalmers university of technology di Gothenburg, l’university of Natural resources and life sciences di Vienna, del Joint research centre e dell’Ispra) ha infatti dimostrato che nel 2050 l’agricoltura biologica potrebbe tranquillamente fornire cibo a sufficienza per tutta la popolazione europea, stimata in 600 milioni di individui per quella data.
Lo studio, intitolato “Rimodellare il sistema agroalimentare europeo e chiuderne il ciclo dell’azoto: le potenzialità per coniugare cambiamento alimentare, agroecologia e circolarità” individua tre punti fondamentali da attuare per renderlo possibile: riduzione del consumo di carne a tavola; rotazione delle colture; rapporto equilibrato tra allevamenti e coltivazioni.
1 | Meno carne in tavola
Una delle leve su cui punta il rapporto riguarda la consapevolezza personale delle proprie scelte alimentari. Soprattutto nei confronti del consumo di carne, che andrebbe ridotto per limitarne l’altissimo impatto ambientale e per risolvere il problema degli allevamenti intensivi e delle importazioni di mangimi, che possono anche contenere ogm. “Il primo obiettivo di questo cambio di dieta è la salute”, afferma Gilles Billen, uno degli autori dello studio, che aggiunge: “È noto che un consumo eccessivo di carne e latte è spesso associato a problemi cardiovascolari e a cancro del colon retto. Naturalmente contenere il consumo di proteine animali ha anche molti vantaggi per l’ambiente. Riduce l’inquinamento idrico e le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi”.
2 | Praticare la rotazione delle colture protegge la biodiversità
Altra indicazione utile alla svolta globale verso il bio riguarda l’applicazione in campo della rotazione delle colture, una pratica semplice e collaudata negli anni che consente di fare a meno dei fertilizzanti chimici di sintesi e dei pesticidi. A vantaggio della salute del suolo, delle acque, della salute e della biodiversità. “L’agricoltore su un terreno coltiverà l’erba medica, un legume che fissa l’azoto per due anni. Poi su questo stesso appezzamento coltiverà cereali che si nutriranno dell’azoto ceduto al terreno dall’erba medica. Poi pianterà un altro tipo di leguminosa, e così via”, spiega Billen. Che specifica: “I legumi, come l’erba medica o il trifoglio, sono piante che invadono il terreno molto rapidamente e che impediscono alle erbe infestanti di stabilirsi”.
3 | Animali e campi agricoli devono coesistere in equilibrio
Rispetto al passato, oggi c’è un’eccessiva separazione tra campi agricoli e allevamenti di animali. Questo ha generato un impoverimento di materia organica nel suolo, preziosissima per ottenere raccolti sani e rigogliosi, spingendo l’agricoltura convenzionale a sopperire tale mancanza con la chimica di sintesi. Tornare al giusto rapporto tra campi e animali aiuterebbe a ripristinare la ricchezza del suolo, in modo semplice ed equilibrato, senza supporti chimici esterni. “Quando siamo stati in grado di utilizzare fertilizzanti azotati industriali, non abbiamo più avuto bisogno di bestiame per fertilizzare i seminativi”, aggiunge il ricercatore. “Abbiamo specializzato eccessivamente le regioni tra coltivazione e allevamento. Questo spiega perché zone come l’Île-de-France sono dominate dalla coltivazione dei cereali, mentre altre meno fertili come la Bretagna sono specializzate nell’allevamento. Con la conseguenza che ci sono suoli impoveriti a causa dell’assenza di bestiame, e altri penalizzati economicamente dalla mancanza di raccolti”.
Lo scenario delineato dallo studio, infine, dimostra che adottando queste misure, la diffusione dell’agricoltura biologica rafforzerà l’autonomia dell’Europa, continuando comunque a garantire le esportazioni di cereali verso i Paesi che li necessitano per il consumo umano. Il tutto, a fronte di un ridotto inquinamento ambientale e un taglio netto alle emissioni di CO2.